In salita controvento: emozioni, cadute e traguardi della mia vita by Ivan Basso

In salita controvento: emozioni, cadute e traguardi della mia vita by Ivan Basso

autore:Ivan Basso [Basso, Ivan & Caielli, Francesco]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biography & Autobiography, Sports, Sports & Recreation, Cycling, Sociology of Sports
ISBN: 9788817050043
Google: uHjPh0F4LBAC
editore: Rizzoli
pubblicato: 2011-05-14T22:00:00+00:00


* * *

Poi è arrivato il giorno dell’Aprica.

La mattina, un attimo prima della partenza, il fotografo Roberto Bettini è venuto a cercarmi nel gruppo e mi ha infilato in tasca un’immagine. Il giorno prima era andato di volata a Milano, nella clinica dove era nato Santiago, e gli aveva scattato una foto: poi era risalito in macchina ed era tornato al Giro, in tempo per farmi quel meraviglioso regalo.

Ecco la prima volta che ho visto mio figlio: qualche minuto prima di prendere il via per l’ultima tappa di montagna del Giro, con la testa sballottata tra mille motivi per essere felice e orgoglioso e la paura di quello che invece mi stava capitando attorno. Sbalzi d’umore continui: da un minuto all’altro ero capace di passare dall’esaltazione più totale alla disperazione, e poi di nuovo su a toccare il cielo con un dito prima di ripiombare all’inferno.

Correvo così. Con la testa ovattata e senza la lucidità necessaria per stare in bicicletta e prendere le decisioni giuste.

Ecco perché, quel giorno, ho commesso l’errore più grande della mia carriera.

Il Giro era praticamente vinto. Sul Mortirolo nessuno era riuscito a staccarmi e forse nessuno ci aveva nemmeno provato. Eravamo andati su insieme, io e Simoni: io in maglia rosa, lui staccato in classifica di una decina di minuti. Dietro, il vuoto. Scollinati sul Mortirolo abbiamo affrontato quella discesa tecnica e pericolosa, e devo ammettere che lui è stato prezioso nell’aiutarmi a disegnare bene le curve. Sempre insieme, sempre io e lui abbiamo bruciato i chilometri in pianura e abbiamo aggredito l’ultima salita, quella che portava al traguardo dell’Aprica.

A metà di quella salita l’ho visto in difficoltà. E l’ho staccato. Sono arrivato da solo, mostrando al mondo la foto di Santiago che tenevo in tasca, pensando che fosse giusto così. Che quello era il mio Giro e che mio figlio si meritasse quel regalo.

Quel giorno avrebbe dovuto vincere Simoni. Non io. Quel giorno avrei dovuto farmi da parte, e lasciare la vittoria al mio compagno di fuga.

Non ci sono giustificazioni per quello che ho fatto, nemmeno la mia totale mancanza di lucidità e la situazione surreale che stavo vivendo bastano a spiegare quell’errore madornale.

Avrebbe dovuto vincere Simoni. E io gli ho chiesto scusa una, dieci, cento, mille volte. Mille volte ho provato a tendergli la mano, e mille volte lui l’ha rifiutata. Dopo quel giorno, dopo quell’episodio, Simoni non ha più voluto parlare con me, non mi ha più guardato negli occhi.

Poi ho smesso di chiedergli scusa. Il tempo mi ha aiutato a superare tutto, con il passare degli anni ho imparato a ignorare il suo atteggiamento e a fare spallucce di fronte alle sue dichiarazioni, di fronte alle parole di odio nei miei confronti.

Ho smesso di chiedergli scusa, ho smesso di considerarlo. L’ho scacciato dalle mie giornate e dai miei pensieri.

La mia mano è sempre tesa, pronta a stringere la sua. Fin da bambino, al catechismo, mi hanno insegnato quanto sia importante perdonare e quanto sia nobile chiedere scusa quando si sbaglia.

La mia mano è sempre tesa, fino a quando lui vorrà stringerla.



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